Questa settimana la coppia dollaro-yen è stata seriamente scossa. Adesso la major sta in fase di consolidamento, che, secondo gli analisti, potrebbe trasformarsi molto presto in un altro tsunami. Ma quale delle due valute sarà sulla cresta dell'onda e quale affonderà come una pietra?
Lo yen incrocia le dita in attesa di un nuovo capo della Banca del Giappone
All'inizio della settimana, la valuta giapponese ha registrato un crollo schiacciante. Lunedì, lo JPY è sceso rispetto al dollaro di oltre l'1%, essendo stato messo sotto pressione dalle voci su una possibile nomina di un politico "colomba" alla carica di presidente della Banca centrale giapponese.
Ricordiamo che ora al timone della Banca del Giappone c'è Haruhiko Kuroda, salito al potere nel 2013. Il funzionario è un forte sostenitore di una politica monetaria ultra-morbida, che implica il controllo della curva dei rendimenti e tassi di interesse ultra bassi.
Il Giappone segue il percorso accomodante da più di 9 anni, ma lo scorso anno ha sperimentato i peggiori effetti collaterali della sua politica accomodante, quando l'inflazione ha travolto il mondo e molte banche centrali hanno intrapreso un percorso restrittivo.
Il Paese del Sol Levante non ha ceduto alla tendenza globale, nonostante si sia trovato esso stesso nella morsa dell'inflazione. Questo ha colpito duramente la sua valuta nazionale. L'anno scorso, lo yen è sceso rispetto al dollaro ai minimi di 32 anni.
Una scintilla di speranza che la Banca del Giappone potesse abbandonare la sua posizione marginale si è accesa a dicembre, quando il regolatore ha deciso di invadere il sacro per la prima volta dopo molti anni e ha cambiato il meccanismo di controllo della curva dei rendimenti.
Questa mossa, che è stata definita "misura tecnica" dai funzionari giapponesi, è stata interpretata da molti trader come un segnale da falco, che è stato un grande driver per lo yen.
Da allora, le speculazioni su una possibile inversione della Banca del Giappone sono diventate molto attive sul mercato. Ed erano alimentati dal fatto che il conto alla rovescia era già iniziato per l'attuale capo della BOJ.
H. Kuroda lascierà la presidenza del capo del dipartimento l'8 aprile. Ora il governo giapponese deve affrontare un compito importante: scegliere un degno successore che possa tirare fuori il paese dall'impasse.
Prima di questa settimana, gli acquirenti di yen contavano su un funzionario più radicale come prossimo capo della BOJ, ma lunedì il principale quotidiano economico del paese, il Nikkei, ha rotto le corna dei "tori".
I giornalisti hanno riferito che le autorità giapponesi avrebbero proposto la posizione a Masayoshi Amamiya, che è attualmente il vice di H. Kuroda.
Considerando i precedenti meriti di questo funzionario nell'attuazione di una politica monetaria accomodante nel paese, gli investitori hanno quasi seppellito le loro speranze per la resa della Banca del Giappone. Una volta al potere, M. Amamiya molto probabilmente manterrà lo status quo del regolatore, il che metterà nuovamente a rischio lo yen.
"La nomina di un politico colomba alla carica di capo della BOJ dovrebbe fornire un supporto molto significativo alla coppia USD/JPY", ritengono gli analisti di The OCBC Bank Group.
Ovviamente, la nomina di M. Amamiya è ancora una questione aperta. Il governo giapponese dovrebbe annunciare il nome del candidato questa o la prossima settimana.
Tuttavia, sia gli analisti che i partecipanti al mercato dimostrano una sorprendente solidarietà su questo tema. Credono che nel prossimo futuro difficilmente vedremo una nuova scopa nel Giappone conservatore che spazza in un modo nuovo.
Il dollaro spera in forti dati sull'inflazione
Ricordiamo che martedì l'allineamento delle forze nella coppia USD/JPY è cambiato radicalmente. La valuta statunitense è scesa dell'1,2% rispetto alla sua controparte giapponese, non avendo ricevuto un impulso da falco dal presidente della Fed Jerome Powell.
Dopo un forte rapporto di gennaio sull'occupazione negli Stati Uniti pubblicato alla fine della scorsa settimana, i rialzisti del dollaro si sono rianimati sperando che gli ultimi dati macroeconomici costringeranno il capo della Fed ad assumere una posizione più aggressiva.
Gli investitori hanno visto che il mercato del lavoro statunitense rimane resiliente. Ciò ha rafforzato i timori del mercato per l'aumento della spesa dei consumatori in futuro, che potrebbe innescare un aumento dell'inflazione.
Tuttavia, J. Powell ha deluso le aspettative del mercato e ha respinto tutte le speculazioni su questo argomento, parlando martedì all'Economic Club di Washington. Invece, il capo della banca centrale americana è tornato a parlare della tendenza al ribasso dei prezzi al consumo.
La così temuta per il dollaro parola "disinflazione", che ha causato la sua vendita su larga scala la scorsa settimana, questa volta ha messo sotto pressione anche l'USD, ma l'effetto non è stato più così forte e duraturo.
Il biglietto verde ha recuperato la maggior parte delle sue perdite abbastanza rapidamente, ricevendo supporto mercoledì dai commenti aggressivi degli altri membri della Fed.
A metà della settimana lavorativa, il presidente della Fed di New York John Williams ha intensificato la retorica su un ulteriore inasprimento negli Stati Uniti. Ha dichiarato che l'aumento dei tassi di interesse nell'intervallo del 5,00-5,25% sembra la soluzione più ragionevole per ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta.
In questo contesto, il dollaro ha nuovamente avvertito una leggera ondata di forza in tandem con lo yen. Ieri si è rafforzato contro la valuta giapponese dello 0,25%, al livello di 131,54.
Oggi la coppia USD/JPY continua a muoversi lateralmente, bloccata nella trappola dell'EMA a 20/50 giorni e, a quanto pare, non sarà in grado di uscire da questo corridoio fino alla fine della settimana. A causa della mancanza di eventi importanti nel calendario economico, l'asset continuerà a ristagnare nella ben calpestata area di 130,70-132,72.
Tuttavia, la prossima settimana la coppia dollaro-yen potrebbe nuovamente mostrare una forte esplosione di volatilità, avvertono gli analisti. L'innesco chiave per la major sarà la pubblicazione dell'indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti di gennaio.
Secondo l'analista di Forbes USA Simon Moore, questo rapporto potrebbe non essere così roseo e incoraggiante come i precedenti dati sull'inflazione.
"Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un graduale raffreddamento delle pressioni inflazionistiche. Ciò era dovuto alla diminuzione dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari. Tuttavia, il costo di alcuni vettori energetici, come il petrolio greggio, non sta più diminuendo. Inoltre, i costi delle abitazioni, che hanno il peso maggiore nell'indice dei prezzi al consumo, aumentano regolarmente. Aggiungete a tutto questo aumento dei salari, che continua ad aumentare il costo dei servizi, e otterrete ottime ragioni per credere che a gennaio l'inflazione negli Stati Uniti potrebbe essere aumentata più di quanto si aspettano gli economisti", osserva Simon Moore.
L'esperto ritiene che la prossima pubblicazione del CPI sarà di fondamentale importanza per la Fed. Se i dati mostrano che i prezzi statunitensi non stanno scendendo così velocemente come vorrebbe il regolatore, questo sarà un forte argomento a favore di un altro aumento dei tassi di interesse a maggio.
Peraltro, S. Moore non esclude che un'inflazione più stabile possa provocare speculazioni di mercato su un'altra tornata di inasprimento a giugno. Tutto ciò favorirà la crescita generalizzata del dollaro.
Gli analisti di Goldman Sachs vedono anche il potenziale per la valuta statunitense di salire a medio termine, soprattutto in coppia con lo yen.
"La combinazione delle nostre previsioni di base per il 2023 di assenza di recessione negli Stati Uniti, rendimenti più elevati sui titoli di Stato statunitensi e la continua politica di controllo della curva dei rendimenti del Giappone, sebbene in una forma leggermente diversa, indica un nuovo periodo di debolezza dello yen", commentano gli esperti.