Nel mese in corso, la coppia è scesa di oltre 650 punti. È un risultato impressionante, ma allo stesso tempo fa sorgere la domanda: a che livello verrà annunciata la "fermata" del trend al ribasso? La domanda è tutto tranne che oziosa, poiché il rischio di toccare il "fondo" aumenta con ogni ulteriore spinta verso il basso. La coppia è scambiata vicino ai minimi di quasi due mesi, e dal punto di vista tecnico, il potenziale ribassista non è ancora esaurito. La prossima barriera di prezzo è situata vicino al livello 137,60 (la linea inferiore delle Bollinger Bands sul grafico giornaliero). Il livello di supporto principale corrisponde all'obiettivo a 135,80 (il limite inferiore della nuvola Kumo sul time-frame D1).
Dal punto di vista "fondamentale", la situazione non sembra così chiara. Lo yen non è in grado di condurre "il proprio gioco": la coppia si sta abbassando solo a causa del dollaro debole. Inoltre, la Banca del Giappone potrebbe esercitare pressione sullo yen la prossima settimana con una retorica accomodante, mentre la Federal Reserve, al contrario, potrebbe agire come alleata del dollaro, se lascia aperta la porta per ulteriori rialzi dei tassi di interesse. Proprio per questo motivo, l'impulso ribassista di USD/JPY si è attenuato. Le posizioni corte sembrano rischiose, in quanto le possibilità di raggiungere il "prezzo minimo" sono aumentate.
Ricordiamo che al termine della riunione di giugno, la Banca del Giappone ha mantenuto intatti tutti i parametri della politica monetaria. E sebbene Kadsuo Ueda abbia nuovamente sottolineato la necessità della calibrazione, tale affermazione aveva carattere piuttosto dichiarativo. Secondo il nuovo capo della Banca centrale, tutti i cambiamenti avverranno "in modo molto fluido e graduale". Il regolatore giapponese sembra intenzionato a utilizzare l'intero periodo dichiarato di 18 mesi per rivedere la politica, e i primi cambiamenti verbali potrebbero verificarsi non prima di settembre-ottobre.
Ad oggi, i rappresentanti della Banca del Giappone continuano a esprimere retorica accomodante, confermando la propria fedeltà per una politica ultra-morbida. Ad esempio, il vice capo della Banca Centrale, Shinichi Uchida, all'inizio di luglio ha escluso categoricamente la possibilità di un'imminente conclusione della politica monetaria ultra-flessibile. Un altro vice governatore della Banca del Giappone, Ryozo Himino, in un'intervista all'agenzia Reuters, ha dichiarato che la Banca Centrale non vede segni di rischi che il Giappone possa affrontare un'inflazione così alta come quella osservata in Europa e negli Stati Uniti.
Ricordiamo che l'indice complessivo dei prezzi al consumo in Giappone è sceso al 3,2%, nonostante le previsioni di crescita al 4,1%. A titolo di confronto, a gennaio di quest'anno, il tasso era al 4,3% anno su base annua. L'indice dei prezzi al consumo, esclusi i prezzi degli alimentari freschi, ha mostrato pure una dinamica al ribasso, rallentando al 3,2% (in aprile questo componente del rapporto era al 3,4%).
Anche negli Stati Uniti l'inflazione si sta rallentando, secondo i rapporti pubblicati la settimana scorsa. Ma al contempo, il mercato è quasi certo che alla fine della riunione di luglio, la Federal Reserve aumenterà i tassi di interesse di 25 punti (la probabilità di questo scenario è del 96%, secondo i dati di CME FedWatch Tool). Allo stesso tempo, esiste la possibilità che il regolatore americano adotti ulteriori misure restrittive nella politica monetaria per contenere ulteriormente la crescita dell'inflazione. Alcuni rappresentanti della Federal Reserve hanno mantenuto un atteggiamento "da falco" nonostante la "sfumatura rossa" dei rilasci inflazionistici. In particolare, la presidente della Federal Reserve di San Francisco, Mary Daly, ha avvertito che è ancora troppo presto per annunciare la vittoria sull'inflazione. Un altro rappresentante della Federal Reserve, Christopher Waller, si è espresso in modo simile a favore di ulteriori aumenti dei tassi, sottolineando la stabilità del mercato del lavoro e le buone prestazioni generali dell'economia americana. Seguendo Daly, ha ribadito la tesi secondo cui è troppo presto per dichiarare vittoria sull'inflazione. Come argomentazione, ha ricordato gli eventi dello scorso anno, quando l'inflazione ha inizialmente rallentato, ma poi ha ripreso a salire.
A mio parere, i venditori di USD/JPY hanno reagito adeguatamente alle deludenti dati sull'inflazione pubblicati la scorsa settimana. Lo slancio al ribasso si è affievolito e per la sua ripresa occorre un'occasione informativa in più, e per di più abbastanza potente. Ovviamente, adesso i trader stanno aspettando i due eventi chiave del mese: il 26 luglio la Fed annuncerà i risultati della sua riunione, mentre il 28 luglio sarà il turno della Banca del Giappone di emettere il proprio verdetto.
Dal punto di vista tecnico, la situazione è la seguente. Venerdì scorso, i venditori della coppia hanno cercato di superare il livello di supporto a 137,60 (linea inferiore delle Bollinger Bands sul grafico giornaliero), ma alla fine delle negoziazioni del venerdì hanno perso l'iniziativa, chiudendo la settimana a 138,80. Oggi, i venditori della coppia hanno nuovamente tentato di avvicinarsi a questo livello di prezzo, ma senza successo. Questo indica che il livello di 137,60 è un livello di supporto abbastanza solido, che potrebbe essere il punto più basso del movimento ribassista. In altre parole, è abbastanza probabile che i trader abbiano già formato o almeno "percepito il fondo" in questa fascia di prezzo.
Di conseguenza, le posizioni corte in questa situazione sembrano estremamente rischiose. Il livello di resistenza si trova a 140,00, dove si incrociano le linee Tenkan-sen e Kijun-sen sul grafico giornaliero. Questo livello può essere considerato come obiettivo di prezzo per una correzione rialzista.