Dopo diverse settimane, gli acquirenti dell'USD/JPY hanno infine deciso di dare l'assalto al livello di 149. A ciò sono state precedute lunghe settimane di assedio, quindi l'attuale impulso al rialzo dovrebbe essere attualmente considerato come una sorta di ricognizione in battaglia.
Tuttavia, la coppia continua a essere dominata da sentiment rialzista: il dollaro mantiene le sue posizioni, mentre lo yen è sotto pressione costante da parte della Banca centrale giapponese. Le speranze dei trader per cambiamenti rivoluzionari nella politica della Banca del Giappone si sono dissolte già alla fine di dicembre, quando la coppia USD/JPY si trovava alla base della cifra 140. Da allora, lo yen è sceso di oltre 800 punti. Un livello di resistenza inaspettatamente forte è risultato essere il target di 149,00 (la linea superiore delle bande di Bollinger su time-frame a quattro ore): in sostanza, il balzo di 800 punti si è fermato proprio in questa zona di prezzo. Pertanto, aprire posizioni long è conveniente solo quando gli acquirenti dell'USD/JPY si stabilizzano nella zona della cifra di 149, cioè superano la successiva barriera di prezzo di 149,40 (la linea superiore delle bande di Bollinger sul grafico giornaliero). Tale scenario è molto probabile. Perché?
Innanzitutto, bisogna rispondere a un'altra domanda: perché lo yen giapponese si è così attivamente deprezzato per tutto il mese di gennaio? La risposta è: a causa della decorrelazione dei tassi della Federal Reserve e della Banca del Giappone. Alla fine dello scorso anno sul mercato circolavano vigorosamente le voci secondo cui la Banca centrale giapponese si stava preparando a normalizzare la politica monetaria e avrebbe presto abbandonato il tasso negativo. Questi rumors sono stati alimentati dalla stessa Banca attraverso il governatore Kazuo Ueda che a dicembre ha informato i parlamentari che la Banca centrale stava considerando diverse opzioni per i tassi di interesse target dopo l'abbandono dalla politica dei tassi negativi. Secondo lui, la Banca potrebbe mantenere il tasso di interesse applicato alle riserve o tornare a una politica orientata ai tassi overnight. Dopo questo intervento, sul mercato hanno iniziato a circolare voci che la Banca del Giappone potrebbe cambiare il suo corso già alla prossima riunione.
Contemporaneamente, si è svolta la riunione di dicembre della Federal Reserve, i cui risultati hanno letteralmente scioccato i partecipanti al mercato con "esito accomodante". Il regolatore ha notevolmente ammorbidito la formulazione della dichiarazione, e Jerome Powell ha chiaramente fatto capire che, a partire dalla successiva riunione, la Fed inizierà a discutere la possibilità di un allentamento della politica monetaria.
Questo contesto informativo ha permesso agli orsi dell'USD/JPY di raggiungere quota 140,25, il minimo degli ultimi 5 mesi.
Tuttavia, a gennaio la situazione è cambiata radicalmente. La Banca del Giappone ha rinunciato a qualsiasi cambiamento nel futuro prevedibile, mentre la Fed ha notevolmente ridotto le aspettative per un prossimo allentamento della politica monetaria. Ora questi fattori fondamentali, per così dire, "emergono" attraverso la retorica ottimistica dei rappresentanti della Banca giapponese e i commenti più aggressivi della Fed.
Ad esempio, l'attuale impulso al rialzo ha provocato un commento da parte di Shinichi Uchida, vicegovernatore della Banca del Giappone. A detta sua, la Banca Centrale intende mantenere un "ambiente monetario stabile e accomodante", e anche se dovesse decidere di abbandonare i tassi negativi, le condizioni accomodanti sarebbero comunque mantenute. Uchida non ha fornito specifiche tempistiche, sottolineando solo che il futuro percorso dei tassi dipenderà dall'andamento dell'economia e dell'inflazione: "Inizieremo valutando se le condizioni sono mature per un cambiamento nella politica monetaria, e poi considereremo i mezzi più appropriati e la sequenza di azioni".
Ricordiamo che alla fine della riunione di gennaio della Banca del Giappone, il governatore, Kazuo Ueda, ha fatto chiaramente capire che qualsiasi discussione sulla regolazione della politica monetaria sarebbe possibile solo dopo le trattative annuali tra sindacati e imprese sulla questione dei salari. Secondo alcune stime, la probabilità che la Banca consideri queste trattative "riuscite" non supera il 30%. A dichiararlo è stato l'ex membro del Consiglio dei Governatori della Banca del Giappone, Momma Kadzuo.
Questo contesto informativo contribuirà ulteriormente al deprezzamento dello yen, soprattutto contro il dollaro, alleato della Federal Reserve. I rappresentanti della Federal Reserve hanno notevolmente inasprito la loro retorica a gennaio in risposta all'aumento complessivo dell'inflazione, ai forti dati sull'occupazione e alla crescita dell'economia americana. Ieri, il membro del Consiglio dei Governatori, Adriana Kugler, ha dichiarato che solo il raffreddamento dell'inflazione e del mercato del lavoro "potrebbe giustificare un taglio dei tassi di interesse". Se i tassi di disinflazione dovessero rallentare, la Banca centrale sarà costretta a mantenere i tassi ai livelli attuali e oltre. Posizioni simili sono state espresse in precedenza da molti altri rappresentanti della Federal Reserve, inclusi Jerome Powell.
Pertanto, la divergenza delle posizioni tra la Federal Reserve e la Banca del Giappone continuerà a spingere al rialzo la coppia, forse fino a livelli "pericolosi", cioè intorno a quota 151. Questo livello rappresenta una sorta di linea rossa, il superamento della quale potrebbe comportare interventi sul mercato valutario.
Come già accennato, ha senso di aprire posizioni lunghe solo dopo il superamento di resistenza di 149,40 (la linea superiore delle bande di Bollinger sul grafico giornaliero). Gli obiettivi principali del movimento al rialzo sono i livelli di 150,50 e 151,00.