La Banca del Giappone non ha sostenuto lo yen e, di conseguenza, gli investitori della coppia USD/JPY. Al termine della riunione di aprile, l'autorità monetaria ha mantenuto il tasso di interesse invariato e ha annunciato che avrebbe continuato a riacquistare titoli di stato e obbligazioni societarie "secondo le decisioni già adottate in precedenza".
Ricordiamo che nella riunione precedente, quella di marzo, la Banca aveva aumentato il tasso di interesse (per la prima volta dal 2007) e aveva promesso di ridurre gradualmente gli acquisti di bond aziendali nel corso dell'anno. Nella riunione di aprile, la Banca Centrale non ha espresso alcun messaggio aggressivo, anche se alcuni analisti ipotizzavano che il regolatore avrebbe fornito sostegno verbale alla valuta nazionale. Tuttavia, la Banca centrale giapponese è rimasta fedele a se stessa, ripetendo la sua consueta retorica.
Il risultato non si è fatto attendere: gli acquirenti di USD/JPY hanno conquistato la soglia dei 156 e ora si stanno dirigendo verso il livello dei 157. L'ennesima "linea rossa" (il livello 156,00) è stata superata e sembra che i trader non si preoccupino più dei rischi di un intervento valutario, conquistando nuove vette di prezzo.
Lo yen si è indebolito in tutte le coppie: il tasso di cambio USD/JPY ha raggiunto il massimo degli ultimi 34 anni, il cross EUR/JPY quello degli ultimi 16 anni e AUD/JPY quello degli ultimi 10 anni. Il calo dello yen del 9% rispetto al dollaro quest'anno è il più grande tra le valute del G10, principalmente a causa dell'ampio divario nei rendimenti tra i titoli di stato USA e quelli giapponesi, che ammonta a oltre 375 punti base (nel contesto dei titoli decennali). La Banca del Giappone mantiene una posizione "moderatamente accomodante", mentre la Fed, d'altra parte, trasmette segnali "moderatamente aggressivi", il cui scopo è mantenere lo status quo nel futuro prevedibile. L'esito della riunione di aprile della Banca centrale giapponese ha solo cementato questa configurazione, provocando un altro balzo del prezzo della coppia USD/JPY.
Ad aggiungere benzina sul fuoco è stato il governatore della Banca del Giappone, Kazuo Ueda, che durante la conferenza stampa conclusiva si è astenuto da qualsiasi segnale "da falco". Ha dichiarato, in particolare, che le condizioni finanziarie morbide saranno mantenute. Allo stesso tempo, non ha definito alcuna tempistica, limitandosi a una frase vaga sul fatto che eventuali modifiche della politica monetaria dipenderanno dalle future condizioni economiche, di prezzo e finanziarie. L'inflazione è in testa a questa lista: secondo il governatore, la Banca sarà pronta a modificare il grado di allentamento della politica monetaria se il livello di inflazione core aumenterà.
Come sappiamo, oggi si osserva una tendenza opposta. L'indicatore chiave dell'inflazione seguito dalla Banca del Giappone (i prezzi al consumo esclusi i prodotti alimentari freschi) ha rallentato la sua crescita a marzo al 2,6%. Anche l'inflazione complessiva in Giappone ha rallentato, scendendo al 2,7%.
Kazuo Ueda ha commentato anche la svalutazione della valuta nazionale. Ha ipotizzato che lo yen potrebbe continuare a indebolirsi rispetto alle valute del principale gruppo. Secondo lui, la probabilità di un prolungato indebolimento dello yen "non è pari a zero".
Nel contempo, Ueda ha di fatto smentito l'ipotesi che il calo dello yen possa favorire un aumento dell'inflazione nei prossimi mesi (a causa dell'aumento dei costi dei beni importati). Il governatore della Banca del Giappone ha dichiarato che l'impatto del tasso di cambio sull'andamento dell'inflazione è, in generale, "piuttosto instabile e incerto". Allo stesso tempo, ha espresso un pensiero molto interessante - ovvero che l'impatto dei tassi di cambio sull'economia "include anche fattori positivi".
Il governatore della Banca centrale ha inoltre ricordato che la politica monetaria "non è diretta a gestire direttamente il tasso di cambio". Con queste parole, ha fatto capire che la Banca non avrebbe lanciato un salvagente allo yen - né a parole né con azioni.
Così, alla conclusione della riunione di aprile, la Banca del Giappone ha manifestato la sua inattività: i parametri della politica monetaria rimangono invariati, e non sono definite né le prospettive né le condizioni per un inasprimento della politica. Inoltre, Ueda non ha lanciato alcun avvertimento verbale - anzi, non ha escluso che l'indebolimento della valuta giapponese include anche aspetti positivi.
In altre parole, il regolatore giapponese ha dato il via libera alla continuazione della crescita del cambio USD/JPY. Ora la questione di contenere il trend ascendente assume un carattere politico: la banca centrale ha già detto la sua.
Dove si trova la cosiddetta "linea rossa"? Dopo che la coppia ha superato il livello di 152,00, questa è diventata una domanda retorica. Negli anni precedenti (2023, 2022), proprio questo livello di prezzo fungere da fattore scatenante per le autorità giapponesi. Quest'anno, il governo giapponese si lamenta apertamente dei "movimenti speculativi dei tassi di cambio", ma rimane inattivo, nonostante il cambio sia ormai a quasi 500 punti dalla linea rossa dello scorso anno.
Pertanto, oggi è impossibile rispondere alla domanda su quando il Ministero delle Finanze passerà dalle parole ai fatti. Ci sono solo supposizioni, ma nessuna risposta precisa a questa domanda. In tali condizioni, le posizioni long sono decisamente rischiose, poiché il prezzo è ai massimi di 34 anni e il rischio di intervento valutario aumenta con ogni punto ascendente. Tuttavia, anche le vendite sembrano ingiustificate, poiché non ci sono presupposti per un'inversione di tendenza (solo il rischio di intervento valutario). Qui si può dire una cosa: tutti i segnali indicano che la coppia continuerà a crescere, non ci sono più barriere. Ma scommettere al rialzo è come giocare alla roulette russa. Prima o poi il colpo fatale arriverà.