La valuta BRICS è ancora in programma: nessuno ha cancellato il lancio previsto per il 2026. Nemmeno Donald Trump.
Qualche giorno fa il presidente USA ha ricordato nuovamente al mondo la sua esistenza, promettendo dazi del 10% per i paesi che entreranno a far parte del blocco economico. Simili minacce, tuttavia, non sono nuove per la Cina: Trump aveva già minacciato di introdurre una tariffa del 100% su tutti i prodotti cinesi a partire da novembre.
Ma le minacce non hanno funzionato. Come sottolineano gli analisti, il progetto procede senza intoppi. Pechino ha reagito in modo rapido e prevedibile, definendo le dichiarazioni di Trump un “esempio di doppio standard” e promettendo “possibili misure di ritorsione”. Una formulazione del tipo “vi abbiamo ascoltato e non ci è piaciuto”.
Nel frattempo, i paesi BRICS continuano a liberarsi del dollaro. Russia e Cina concludono accordi energetici in rubli e yuan, dall'anno scorso l'India paga il petrolio russo in yuan, rubli e dirham degli Emirati Arabi Uniti. Sono in arrivo i sistemi di pagamento propri BRICS Pay e BRICS Bridge, che dovrebbero diventare l'infrastruttura per la nuova valuta.
L'ampliamento del blocco ha aggiunto dinamismo: ora i BRICS comprendono Egitto, Etiopia, Iran, Emirati Arabi Uniti e Indonesia. Complessivamente, rappresentano un quarto dell'economia mondiale e quasi la metà della popolazione del pianeta. La lista d'attesa per l'adesione si allunga e, con ogni nuovo candidato, il nervosismo americano appare sempre meno infondato.
Alicia García-Herrero del centro Bruegel di Bruxelles ritiene che la strategia di Trump sia destinata al fallimento:
«Usando il dollaro come arma, non fa altro che accelerare ciò che teme: la creazione di un'alternativa al dollaro. Il blocco BRICS è stato concepito inizialmente come un progetto anti-occidentale e Trump non fa altro che alimentarlo».
In questo contesto, il 2026 appare sempre più come l'anno in cui il mondo avrà ufficialmente una nuova valuta. Non è detto che rivoluzionerà il sistema, ma sicuramente costringerà il dollaro ad abituarsi alla concorrenza.